Strumenti come ChatGPT, Midjourney, Copilot, DALL·E e Sora hanno reso l’intelligenza artificiale generativa parte integrante della quotidianità di aziende, startup e professionisti. Scrivono testi, generano immagini, scrivono codice, creano contenuti audio e video. Le opportunità sono immense, ma lo sono anche i rischi legali.

L’AI generativa non è neutra: può produrre contenuti lesivi, violare diritti d’autore, trattare dati personali in modo illecito o creare ambiguità sul piano contrattuale e reputazionale. In un contesto normativo in rapida evoluzione, è fondamentale comprendere quali sono gli obblighi, i limiti e le responsabilità legali connessi all’uso di questi strumenti.

Questa guida si rivolge a imprese, sviluppatori, creativi, manager e professionisti che utilizzano o integrano AI generativa nei loro processi e vogliono farlo in modo legale, sicuro e sostenibile. Analizzeremo le normative applicabili (come l’AI Act e il GDPR), i casi pratici, le responsabilità giuridiche e le azioni concrete per proteggere il proprio business da violazioni e contenziosi.

1. Cos’è l’AI generativa e perché pone nuove sfide giuridiche

L’intelligenza artificiale generativa (o generative AI) è una branca dell’AI in grado di produrre nuovi contenuti originali, a partire da dati esistenti e prompt testuali forniti dagli utenti. A differenza dei sistemi AI “tradizionali” – progettati per classificare, riconoscere o prevedere – i modelli generativi possono scrivere testi, comporre musica, creare immagini, video, codice software o persino simulazioni vocali.

1.1. Come funziona in sintesi

I modelli generativi, come i Large Language Models (LLM) o le reti generative avversarie (GAN), vengono addestrati su enormi volumi di dati disponibili online, spesso provenienti da:

  • libri e articoli
  • immagini e opere visive
  • codice open source
  • conversazioni e documenti pubblici

Una volta addestrati, questi modelli sono in grado di creare contenuti del tutto nuovi, ma basati sui dati utilizzati nel training, il che apre già il primo fronte critico sul piano del diritto d’autore e della protezione dei dati personali.

1.2. Ambiti di utilizzo sempre più diffusi

Oggi l’AI generativa viene utilizzata da aziende e professionisti in moltissimi settori, tra cui:

  • Marketing e comunicazione: per la scrittura automatica di articoli, post social, campagne ADV
  • Design e creatività: per generare immagini, loghi, layout
  • Sviluppo software: grazie a modelli come GitHub Copilot
  • Educazione e formazione: come tutor virtuali o supporti alla didattica
  • Customer service: chatbot sempre più sofisticati che simulano dialoghi umani
  • Produzione audiovisiva: generazione automatica di video e voci sintetiche

Questa diffusione trasversale implica che quasi ogni azienda, anche non-tech, potrebbe trovarsi a utilizzare strumenti di AI generativa, spesso senza piena consapevolezza dei relativi obblighi legali.

1.3. Perché il diritto incontra difficoltà

L’evoluzione rapidissima della tecnologia pone sfide importanti per il legislatore. L’ordinamento giuridico fatica a:

  • Definire chi è l’autore di un’opera generata da AI
  • Stabilire la responsabilità per contenuti dannosi o discriminatori generati automaticamente
  • Regolamentare l’uso dei dati di training, spesso presi da internet senza consenso
  • Proteggere i diritti delle persone, anche contro usi impropri come i deepfake

La conseguenza è una crescente zona grigia normativa, che espone le aziende a rischi di sanzioni, contenziosi civili e danni reputazionali.

2. Responsabilità legale per contenuti generati da AI

Una delle domande più complesse – e finora senza risposta univoca – è: chi è responsabile quando un contenuto generato da un sistema di intelligenza artificiale causa un danno, viola diritti o è contrario alla legge?

2.1. L’AI non è (ancora) un soggetto giuridico

In base all’attuale ordinamento europeo e italiano, l’AI non può essere titolare di diritti o doveri. Di conseguenza:

  • Non può essere ritenuta “autrice” di un’opera (→ no diritti d’autore)
  • Non può essere direttamente responsabile per contenuti illeciti o dannosi
  • La responsabilità ricade su chi ha sviluppato, implementato o utilizzato il sistema

Questa logica si riflette anche nel testo dell’AI Act, che attribuisce la responsabilità a sviluppatori, fornitori e utenti “professionali” dei sistemi AI.

2.2. Chi può essere ritenuto responsabile?

A seconda del caso concreto, possono rispondere:

  • Il fornitore dello strumento AI (es. piattaforme di AI generativa)
    se ha diffuso un sistema difettoso o non conforme
  • L’azienda che integra l’AI nei propri servizi
    se utilizza output dell’AI in comunicazioni, contratti, decisioni
  • L’utente finale
    se genera consapevolmente contenuti dannosi o ne fa uso improprio

Esempio:
Un copywriter freelance usa ChatGPT per generare contenuti diffamatori su un concorrente. In assenza di controlli e limiti imposti dalla piattaforma, la responsabilità legale diretta può ricadere sul copywriter stesso, ma anche sul committente che ha diffuso quei contenuti.

2.3. Tipologie di contenuti problematici

Tra i contenuti generati da AI che possono causare responsabilità legale ci sono:

  • Contenuti diffamatori o falsi (fake news, deepfake, disinformazione)
  • Contenuti discriminatori o razzisti, generati per bias del dataset di training
  • Contenuti lesivi del copyright, creati a partire da materiali protetti
  • Consigli o risposte errate, usati come base per decisioni professionali (es. ambito medico, legale, finanziario)

2.4. La responsabilità ex contractu e extra-contractu

Le aziende che usano AI generativa nei propri servizi possono essere esposte a:

  • Responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) → per inadempimenti basati su output errato
  • Responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.) → per danni causati a terzi da contenuti generati
  • In alcuni casi, anche responsabilità penale, in presenza di reati (es. diffamazione, istigazione all’odio, uso di immagini sessualmente esplicite generate)

2.5. La nuova frontiera: responsabilità per negligenza nell’uso dell’AI

Con la crescente diffusione di questi strumenti, potrebbe configurarsi in futuro anche una culpa in eligendo o in vigilando per chi:

  • Non ha selezionato correttamente lo strumento
  • Non ha controllato gli output prima di pubblicarli
  • Non ha formato adeguatamente il personale sull’uso dell’AI generativa

3. Diritto d’autore e AI generativa

L’intelligenza artificiale generativa mette profondamente in discussione i principi classici del diritto d’autore, sia sul fronte della tutela delle opere prodotte, sia su quello della legittimità dell’addestramento dei modelli. In assenza di una disciplina uniforme, le aziende e i professionisti che utilizzano questi strumenti devono prestare particolare attenzione a cosa genera l’AI, come viene usato e su quali dati è stata formata.

3.1. Le opere create da AI sono protette dal diritto d’autore?

La risposta breve è: no, almeno non direttamente.
Secondo l’impostazione tradizionale del diritto d’autore in Europa (Direttiva 2001/29/CE e normativa italiana), per riconoscere un’opera come “protetta” è necessario che sia:

  • Originale, cioè frutto di scelte creative autonome
  • Attribuibile a una persona fisica, che ne sia autrice

Quindi, un contenuto generato interamente da AI (testo, immagine, codice) non può godere di protezione autonoma. Tuttavia:

  • Se l’utente interviene in modo creativo e significativo nel processo (es. editing, composizione, selezione dei prompt), può rivendicare una forma di titolarità sull’opera risultante
  • Alcuni strumenti (es. Adobe Firefly, Canva AI) prevedono clausole contrattuali che assegnano diritti d’uso all’utente, anche se non pieni diritti d’autore

Nota operativa: È essenziale stabilire contrattualmente la titolarità dei diritti nei rapporti con collaboratori, agenzie o freelance che usano AI per produrre contenuti.

3.2. L’addestramento dei modelli viola il copyright?

È uno dei nodi più critici. I modelli generativi vengono addestrati su dataset enormi, che includono spesso:

  • Testi, articoli e libri
  • Immagini artistiche, foto e design
  • Codici sorgente
  • Musica, video, podcast

In molti casi, questi materiali sono protetti dal diritto d’autore e non è stato acquisito alcun consenso da parte dei titolari. Le domande giuridiche principali sono:

  • È lecito utilizzare opere protette per l’addestramento di un modello AI?
  • È “riproduzione” ai sensi della legge sul copyright?
  • Cosa succede se il modello replica in modo troppo simile un’opera preesistente?

3.3. Possibili soluzioni e scenari futuri

Al momento, il quadro è frammentario, ma emergono alcune tendenze:

  • Licenze mirate e open content
    Alcuni modelli (es. Mistral, Bloom, MusicLM) dichiarano di utilizzare dataset open source o sotto licenza Creative Commons.
  • Watermarking e metadati
    Si lavora a soluzioni tecniche per tracciare la provenienza dei contenuti AI, anche per rispettare i requisiti dell’AI Act sulla trasparenza.
  • Modelli “consent-based”
    Cresce la pressione su Big Tech per creare modelli addestrati solo su contenuti autorizzati, come nel caso dei piani di OpenAI con editori europei.

In sintesi:
Le aziende che producono, commissionano o utilizzano contenuti generati da AI devono gestire con attenzione il rischio di violazione del diritto d’autore, sia in entrata (dati di training), sia in uscita (output AI). La contrattualizzazione preventiva, la verifica delle licenze e la tracciabilità dell’origine dei dati sono strumenti fondamentali per ridurre l’esposizione legale.

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4. Privacy e dati personali

Uno dei rischi meno visibili – ma giuridicamente più insidiosi – nell’uso dell’AI generativa è la possibilità che essa elabori, memorizzi o riproduca dati personali, anche sensibili, in violazione del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Questo accade sia nella fase di addestramento del modello, sia durante l’uso quotidiano da parte degli utenti.

4.1. Il rischio di trattamenti illeciti nei modelli generativi

I modelli AI possono essere stati addestrati su:

  • Post pubblici da social network
  • Forum, blog, siti web contenenti nomi, immagini, opinioni personali
  • Documenti PDF, sentenze, articoli contenenti dati identificativi

Se questi dati non sono stati anonimizzati correttamente, c’è un rischio concreto che l’AI generativa restituisca informazioni personali, anche senza che l’utente lo chieda esplicitamente.

Esempio reale: in alcune versioni di GPT, utenti hanno ottenuto involontariamente dati sensibili relativi a terze persone attraverso prompt generici.

4.2. Privacy-by-design: obblighi e soluzioni

Il GDPR impone, all’art. 25, il principio di privacy by design e by default. Applicato all’AI generativa, ciò implica che:

  • I sistemi devono essere progettati per evitare l’elaborazione non necessaria di dati personali
  • Devono esistere meccanismi di controllo sugli input e output dell’AI
  • I dati devono essere pseudoanonimizzati o aggregati ove possibile

Le aziende che integrano o forniscono sistemi AI devono documentare queste misure nella propria valutazione d’impatto privacy (Data Protection Impact Assessment, DPIA).

4.3. L’uso aziendale dell’AI generativa: policy interne e rischi nascosti

Sempre più aziende utilizzano AI generativa per:

  • Redigere e-mail, documenti e report
  • Generare bozze di contratti o comunicazioni legali
  • Analizzare dati di clienti o collaboratori
  • Automatizzare risposte del customer care

In questi contesti, i dipendenti potrebbero inserire nei prompt:

  • Nomi e cognomi
  • Codici cliente
  • Dati finanziari o sanitari
  • Informazioni su dipendenti o fornitori

Conseguenza: i dati potrebbero essere trattati da soggetti terzi (es. provider di AI cloud-based) senza garanzie adeguate, esponendo l’azienda a violazioni del GDPR.

4.4. Ruolo del DPO e misure da adottare

Il Data Protection Officer, ove nominato, deve:

  • Verificare i flussi di dati nei sistemi AI generativi
  • Valutare la base giuridica per ogni trattamento (consenso, contratto, legittimo interesse)
  • Predisporre policy aziendali sull’uso dell’AI, che includano:
    • Limitazioni sull’input di dati personali
    • Linee guida per l’utilizzo responsabile
    • Log delle attività e auditing interno

Strumento utile: checklist per i dipendenti che usano ChatGPT o strumenti simili.

In sintesi:
L’uso dell’AI generativa in azienda non è neutro dal punto di vista privacy. È fondamentale prevenire l’inserimento accidentale o sistematico di dati personali nei prompt, e garantire che l’output dell’AI non generi contenuti che ledano i diritti di persone fisiche.

5. Profili contrattuali e d’impresa

L’introduzione di strumenti di AI generativa in azienda comporta una serie di impatti legali e organizzativi che vanno affrontati anche sul piano contrattuale. Questo vale tanto per chi utilizza strumenti esterni (es. ChatGPT, DALL·E, Copilot), quanto per chi sviluppa soluzioni personalizzate o ne consente l’uso a dipendenti e fornitori.

5.1. Condizioni d’uso degli strumenti AI: attenzione alle clausole

Molte piattaforme di AI generativa impongono termini e condizioni d’uso che possono limitare o condizionare:

  • La titolarità sui contenuti generati (es. OpenAI consente l’uso commerciale, ma non garantisce esclusività)
  • Il diritto di riutilizzare l’output in contesti specifici
  • L’obbligo di manleva in caso di uso improprio da parte dell’utente
  • La licenza sui dati inseriti nei prompt (alcuni provider si riservano il diritto di usarli per migliorare il modello)

Azione consigliata: prima di adottare uno strumento AI in azienda, è fondamentale analizzare le condizioni contrattuali e valutarne la compatibilità con la strategia di business e con gli obblighi legali (es. riservatezza, proprietà intellettuale, compliance GDPR).

5.2. Policy aziendali sull’uso dell’AI generativa

Le aziende dovrebbero adottare policy interne chiare e vincolanti, che regolino:

  • Chi può utilizzare strumenti di AI generativa
  • Per quali attività sono ammessi (es. solo per contenuti non sensibili)
  • Quali tipi di input sono vietati (dati personali, segreti industriali, ecc.)
  • Come devono essere trattati gli output (verifica umana, divieto di pubblicazione automatica, ecc.)

Best practice: affiancare la policy con una formazione obbligatoria per il personale, e includere clausole sull’uso corretto dell’AI nei contratti di collaborazione e NDA.

5.3. Gestione dei diritti sui contenuti generati

In contesti creativi, pubblicitari o software-based, è cruciale stabilire a chi spettano i diritti sui materiali prodotti con l’aiuto dell’AI.

Possibili soluzioni:

  • Clausole che assegnano i diritti all’azienda, anche per contenuti AI-assisted
  • Previsioni che impongano il controllo umano sui materiali prima della pubblicazione
  • Accordi con agenzie o freelance che usano AI, con obbligo di dichiarare l’origine dei contenuti

Rischio da evitare: rivendicazioni da parte di terzi (es. artisti, fotografi, editori) per contenuti generati “in stile” o simili ad opere protette.

5.4. Clausole nei contratti con fornitori di soluzioni AI

Quando un’azienda acquista o integra software AI generativo da un fornitore esterno, è opportuno inserire clausole specifiche su:

  • Conformità legale del sistema (AI Act, GDPR, diritto d’autore)
  • Responsabilità e risarcimenti in caso di danni causati dall’AI
  • Trasparenza su dataset e logiche algoritmiche, per evitare black box
  • Controlli di sicurezza e garanzie in caso di trattamento dati personali

Suggerimento: inserire un allegato tecnico con le specifiche del sistema e un piano di audit periodico.

In sintesi:
L’uso dell’AI generativa in azienda va regolato a monte, con strumenti contrattuali e policy operative che evitino ambiguità, limitino i rischi legali e definiscano in modo chiaro i diritti sulle opere prodotte e i doveri degli utilizzatori.

6. Normativa di riferimento

L’intelligenza artificiale generativa si muove oggi in un quadro normativo ancora in evoluzione, dove il diritto spesso insegue la tecnologia. Tuttavia, esistono già norme applicabili e principi guida vincolanti, sia a livello europeo che internazionale, che le aziende devono conoscere per essere compliant.

6.1. L’AI Act e i sistemi di AI general purpose

Il Regolamento sull’intelligenza artificiale (AI Act) approvato nel 2024 introduce una disciplina specifica per i modelli general purpose AI (GPAI), come ChatGPT, Claude, LLaMA e altri.

Obblighi principali per i fornitori di GPAI:

  • Documentare le fonti dei dati di training
  • Garantire trasparenza e informazione agli utenti
  • Implementare misure per evitare abusi e contenuti illeciti
  • Redigere un “technical documentation pack” per le autorità
  • Collaborare per la registrazione nel database europeo dei sistemi AI

Se un’azienda integra un GPAI in un’applicazione ad alto rischio (es. nel settore medico, HR o giuridico), ha l’obbligo di conformarsi anche alle regole dei sistemi AI ad alto rischio previste dal regolamento.

6.2. GDPR e trattamento dei dati personali

Il Regolamento (UE) 2016/679 – GDPR si applica ogni volta che l’AI generativa:

  • Elabora dati personali
  • Rielabora dati biometrici, sensibili o riconducibili a soggetti identificabili
  • Genera output che incidono sulla vita di persone fisiche (profilazione, scoring, raccomandazioni)

Il GDPR impone:

  • Base giuridica per il trattamento
  • Informative trasparenti
  • Valutazioni d’impatto (DPIA) per usi innovativi o ad alto rischio
  • Misure di sicurezza e responsabilità (art. 5, 24, 25, 32)

6.3. Direttiva Copyright (UE 2019/790)

La Direttiva Copyright UE non disciplina espressamente l’AI, ma stabilisce principi rilevanti per:

  • Il diritto degli autori a consentire o vietare la riproduzione delle loro opere
  • Le eccezioni per l’estrazione di testo e dati (text and data mining), che possono essere escluse da parte dei titolari dei diritti

Rilevanza: se il training di un modello AI viola tali principi, può comportare responsabilità anche per l’utilizzatore finale.

6.4. Linee guida internazionali (OCSE, UNESCO, WIPO)

In attesa di armonizzazione normativa globale, esistono diversi standard internazionali soft law:

  • Linee guida OCSE sull’AI responsabile (2019)
    Promuovono trasparenza, sicurezza, equità e controllo umano
  • Raccomandazione UNESCO sull’etica dell’AI (2021)
    Include principi etici vincolanti per gli Stati membri
  • Posizione WIPO (World Intellectual Property Organization)
    Lavora a una proposta globale sulla proprietà intellettuale nell’AI

Questi strumenti, pur non vincolanti, sono riferimenti strategici per orientare policy aziendali e anticipare gli standard futuri.

6.5. Normative e prassi extra-UE

Anche fuori dall’Unione Europea, si moltiplicano le iniziative normative:

  • USA: approccio soft law (Executive Order Biden 2023) + cause civili su copyright e responsabilità

  • UK: AI white paper (2023), orientato a principi volontari ma fortemente promossi

  • Cina: normativa già vincolante sull’uso di deepfake e generazione automatica di contenuti

Le aziende globali devono valutare dove viene usato il sistema AI, per evitare conflitti normativi e responsabilità transfrontaliere.

In sintesi:
Chi utilizza AI generativa oggi non può più agire in un vuoto normativo. L’AI Act, il GDPR e le direttive UE forniscono già un quadro strutturato, che andrà a rafforzarsi nei prossimi mesi. Essere aggiornati su questi standard significa prevenire rischi, costruire fiducia e restare competitivi.

In breve: usare l’AI generativa in modo legale

  • L’AI generativa crea contenuti, non responsabilità
    La responsabilità legale resta in capo a chi sviluppa, integra o utilizza il sistema.

  • Nessuna tutela automatica del diritto d’autore
    Le opere create interamente da AI non sono protette se manca un apporto umano creativo.

  • Attenzione ai dati personali
    Prompt e output possono violare il GDPR se contengono informazioni sensibili o identificabili.

  • Policy interne e contratti chiari
    Serve regolamentare l’uso dell’AI in azienda: chi può usarla, per cosa, con quali limiti.
  • Le regole esistono già
    AI Act, GDPR, Direttiva Copyright e linee guida internazionali sono riferimenti vincolanti o di best practice.

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