Lo sviluppo software è il cuore pulsante di ogni progetto digitale: che si tratti di un’app mobile, di una piattaforma SaaS o di un’integrazione su misura, dietro ogni linea di codice c’è un rapporto contrattuale tra chi commissiona e chi realizza. Eppure, troppo spesso questi rapporti nascono senza un contratto scritto, o con modelli generici, copiati, non aggiornati e inadatti a reggere un contenzioso.

Il risultato? In caso di bug, ritardi, malintesi o dispute sulla proprietà del codice, non c’è tutela reale per nessuna delle parti.

Un buon contratto di sviluppo software deve fare molto più che “formalizzare un accordo”: deve prevedere chi possiede il codice, cosa succede se ci sono malfunzionamenti, come gestire le modifiche in corso d’opera, chi risponde dei dati trattati, quali licenze si applicano, e con quali limiti.

In questa guida analizzeremo in modo pratico:

  • le clausole essenziali da inserire,

  • le responsabilità chiave di cliente e fornitore,

  • i punti critici da regolare in anticipo (bug, proprietà, manutenzione),

  • e gli errori più frequenti che vediamo ogni giorno nel mondo tech.

1. Le parti in gioco e le criticità tipiche

1.1. Cliente, sviluppatore, agenzia: ruoli e aspettative

Nel contratto di sviluppo software, le parti coinvolte possono variare notevolmente:

  • Il committente (cliente): può essere una startup, un’impresa tech o un soggetto non tecnico (es. azienda tradizionale che vuole digitalizzarsi).

  • Il fornitore: può essere uno sviluppatore freelance, un team interno, oppure un’agenzia o software house esterna.

  • Terze parti: subappaltatori, UI/UX designer, fornitori cloud, integratori API.

Ognuno di questi attori ha aspettative diverse: chi commissiona vuole soluzioni funzionanti, nei tempi previsti; chi sviluppa chiede chiarezza nei requisiti, libertà tecnica e un compenso equo. Senza un contratto ben scritto, il rischio di incomprensioni è elevatissimo.

1.2. Dove iniziano i problemi: incomprensioni, tempi, modifiche, testing

Le criticità più frequenti nei contratti di sviluppo software derivano da mancata chiarezza su obiettivi e limiti del progetto. Ecco alcuni esempi tipici:

  • Non è chiaro cosa deve essere consegnato → il cliente pensa di ricevere una piattaforma completa, lo sviluppatore consegna solo il backend.

  • Mancano riferimenti a tempistiche e milestone → nascono tensioni su scadenze e approvazioni.

  • Non si regolano le modifiche in corso d’opera (change request) → ogni variazione genera scontri su costi e tempi.

  • Nessuna definizione di bug o difetti → il cliente considera “errore” ciò che per il fornitore è “funzionalità”.

Tutti questi problemi sono evitabili con un contratto preciso e personalizzato, che identifichi obiettivi concreti, linguaggio tecnico comune e un sistema di verifica strutturato.

2. Clausole essenziali per tutelare entrambe le parti

Un contratto di sviluppo software efficace deve proteggere gli interessi di entrambi i soggetti: il cliente ha bisogno di certezze su tempi, qualità e proprietà, mentre il fornitore deve tutelarsi da modifiche improvvise, richieste irragionevoli o uso improprio del proprio lavoro.

Ecco le principali clausole che non dovrebbero mancare.

2.1. Definizione puntuale delle attività e deliverable

Ogni contratto dovrebbe descrivere con precisione:

  • quali funzionalità devono essere realizzate,
  • su quali tecnologie o ambienti,
  • con quale output finale (es. codice consegnato, accesso al repository, ambiente di staging, documentazione tecnica, ecc.).

Meglio ancora se si allega un documento tecnico (brief o specifiche funzionali), firmato dalle parti.

2.2. Proprietà del codice: chi detiene i diritti

Uno degli aspetti più sottovalutati: il codice sviluppato su commissione non è automaticamente di proprietà del cliente. Il contratto deve stabilire se:

  • i diritti patrimoniali vengono ceduti in esclusiva,
  • viene concessa solo una licenza d’uso,
  • ci sono limitazioni all’uso commerciale o al riutilizzo del codice da parte del fornitore.

Nel caso di sviluppo personalizzato per un cliente, la prassi è cessione completa dei diritti, ma occorre pattuirla espressamente.

2.3. Uso di codice open source o preesistente

Se il software integra componenti open source o moduli già sviluppati dal fornitore, bisogna chiarire:

  • quali parti sono nuove e su misura,
  • quali componenti sono soggette a licenze esterne (MIT, GPL, ecc.),
  • se il cliente può modificare e distribuire l’intero software o solo parti.

Questo previene conflitti futuri sulla redistribuzione o vendita del prodotto.

2.4. Bug fixing, manutenzione e aggiornamenti

Una delle domande più comuni: “Chi si occupa di correggere i problemi dopo la consegna?”
Il contratto deve specificare:

  • se è previsto un periodo di assistenza tecnica gratuita,
  • se i bug vengono corretti entro un certo tempo,
  • quali tipi di errori sono coperti (es. solo bug bloccanti o anche minori),
  • se esiste un contratto di manutenzione continuativa (SLA, aggiornamenti, compatibilità).

2.5. Tempi di consegna e milestone

La mancanza di riferimenti temporali è uno degli errori più gravi. Il contratto deve prevedere:

  • date di consegna,
  • milestone progressive con approvazioni parziali,
  • eventuali penali o margini di tolleranza in caso di ritardo,
  • modalità di verifica per ciascuna fase (test, feedback, collaudi).

2.6. Clausole di recesso, penali e responsabilità

In caso di inadempimento o interruzione del rapporto, è importante stabilire:

  • se e quando è possibile uscire dal contratto,
  • cosa succede alle somme già pagate,
  • se sono previste penali per ritardi o bug gravi,
  • limitazioni di responsabilità per danni indiretti o malfunzionamenti esterni.

3. Focus legale: proprietà intellettuale e licenze

La titolarità del codice e delle soluzioni software realizzate è spesso motivo di contenzioso tra clienti e sviluppatori. In assenza di un’espressa disciplina contrattuale, può risultare difficile stabilire chi ha il diritto di usare, modificare o cedere il prodotto sviluppato. È quindi fondamentale affrontare chiaramente il tema della proprietà intellettuale e delle licenze d’uso.

3.1. Codice sviluppato su commissione: proprietà automatica?

Molti committenti danno per scontato che, pagando il lavoro, diventino automaticamente proprietari del software. Ma in ambito giuridico le cose non stanno così.

Se non diversamente previsto, il fornitore (sviluppatore o agenzia) mantiene la titolarità del codice, concedendo eventualmente solo una licenza d’uso.

Per trasferire la proprietà, è necessario che:

  • sia espressamente prevista la cessione dei diritti patrimoniali sull’opera,
  • venga indicato l’ambito territoriale e temporale,
  • siano comprese eventuali modifiche e aggiornamenti futuri.

3.2. Licenza d’uso vs cessione totale dei diritti

Nel contratto è importante distinguere tra:

  • Licenza d’uso: il cliente può usare il software, ma non ne è proprietario. È utile in progetti standardizzati o riutilizzabili.
  • Cessione dei diritti patrimoniali: il cliente diventa proprietario del codice e può modificarlo, integrarlo, venderlo o cederlo a terzi.

Una via intermedia è la licenza esclusiva: il cliente ha l’uso esclusivo, ma il fornitore conserva la titolarità.

La scelta dipende dal tipo di progetto, dal valore strategico del software e dall’interesse commerciale del fornitore.

3.3. Uso di librerie e componenti open source

Oggi la maggior parte dei software si basa su componenti open source, che hanno proprie licenze (MIT, GPL, Apache, ecc.). Il contratto dovrebbe indicare:

  • se vengono usati componenti esterni,
  • quali licenze si applicano,
  • se ci sono obblighi di redistribuzione del codice o di apertura delle modifiche (es. copyleft in GPL).

Ignorare questi aspetti può portare a violazioni involontarie di licenze, con impatti legali e reputazionali.

3.4. Output generati da strumenti AI: chi ne detiene i diritti?

Nei progetti che integrano AI generativa (ad esempio per la produzione di codice, testi o immagini), la titolarità dell’output non è sempre scontata:

  • se l’output è altamente personalizzato, è preferibile inserirlo tra le opere commissionate,
  • se viene generato da strumenti esterni (es. API AI di terze parti), è opportuno verificare le condizioni d’uso della piattaforma.

Nel contratto può essere utile chiarire che i risultati generati rientrano nell’ambito del lavoro commissionato e sono oggetto di cessione/licenza come il resto del codice.

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4. Best practice contrattuali

Un contratto ben scritto non è solo uno strumento di protezione legale, ma un fattore abilitante per la buona riuscita del progetto. Ecco alcune best practice concrete da adottare prima di firmare un contratto di sviluppo software.

4.1. Allegare un brief tecnico dettagliato

È fondamentale allegare al contratto un documento che descriva in modo chiaro:

  • obiettivi del progetto,
  • funzionalità richieste,
  • tecnologie utilizzate,
  • criteri di accettazione.

Un brief condiviso riduce ambiguità, agevola la pianificazione e tutela entrambi in caso di controversie.

4.2. Definire milestone e fasi di collaudo

Strutturare il progetto in fasi con consegne intermedie (milestone) e verifiche funzionali consente di:

  • controllare l’avanzamento,
  • correggere in corsa eventuali problemi,
  • collegare i pagamenti ai risultati effettivi.

Questa modalità è particolarmente utile nei progetti agili o complessi.

4.3. Introdurre un sistema di change request

Ogni sviluppo software è soggetto a cambiamenti in corso d’opera. Il contratto dovrebbe prevedere:

  • come si propongono le modifiche,
  • chi le approva,
  • l’impatto su costi e tempi.

Un sistema di gestione formale delle modifiche evita discussioni e rilavorazioni.

4.4. Prevedere un supporto post-consegna

Anche il miglior software può generare dubbi, problemi o necessità di ottimizzazione. È buona prassi prevedere:

  • un periodo di assistenza tecnica gratuita (es. 30 o 60 giorni),
  • la possibilità di attivare un contratto di manutenzione evolutiva.

Questo dimostra professionalità e favorisce la continuità del rapporto.

4.5. Inserire NDA, privacy e trattamento dati

Se lo sviluppo coinvolge dati personali, prototipi, codice interno o documentazione riservata, è fondamentale:

  • far firmare un NDA personalizzato,
  • regolare l’eventuale trattamento dati secondo il GDPR,
  • definire le misure di sicurezza minime da adottare (accessi, repository, backup, ecc.).

5. Errori da evitare

Anche con le migliori intenzioni, è facile commettere errori nella definizione o nella gestione di un contratto di sviluppo software. Ecco quelli che riscontriamo più spesso nei progetti tech, e che possono avere conseguenze legali e operative anche gravi.

5.1. Contratti verbali o troppo generici

Molti accordi nascono “a voce” o con semplici email. Altri si basano su modelli generici trovati online, senza alcun adattamento al caso concreto. In entrambi i casi:

  • non c’è una base giuridica solida per risolvere eventuali controversie,
  • mancano elementi chiave come proprietà del codice, condizioni di pagamento o rimedi in caso di ritardi.

Anche un contratto breve, se personalizzato e ben strutturato, vale più di un lungo documento standard.

5.2. Ambiguità su modifiche e versioni

Molti conflitti nascono dal mancato aggiornamento delle specifiche o da modifiche comunicate in modo informale (es. via WhatsApp). Senza un sistema di gestione delle change request, si finisce per lavorare su versioni diverse o incomprese.

Ogni variazione andrebbe registrata e approvata con un minimo di formalità.

5.3. Codice riutilizzabile o preesistente non dichiarato

Se il fornitore utilizza codice scritto per altri clienti o componenti open source senza comunicarlo, il cliente potrebbe non avere i diritti di sfruttamento commerciale.

Va sempre chiarito cosa è nuovo, cosa è riutilizzato e con quali licenze.

5.4. Proprietà intellettuale non regolata

Senza una clausola esplicita, il committente rischia di non detenere realmente il software, nonostante lo abbia pagato. Al contrario, lo sviluppatore potrebbe vedere riutilizzato il proprio codice senza consenso.

Una clausola sulla cessione o licenza dei diritti patrimoniali è imprescindibile.

5.5. Mancanza di piano di test e accettazione

Molti contratti non prevedono criteri oggettivi per il collaudo. Questo rende difficile capire se il software è stato realizzato “a regola d’arte”.

Meglio definire fin da subito tempi, metodi e fasi di accettazione.

6. Conclusione

Il contratto di sviluppo software non è una formalità, ma una vera e propria rete di sicurezza giuridica. Senza un documento chiaro, aggiornato e personalizzato, il rischio di conflitti è elevato: ritardi, malfunzionamenti, incomprensioni su modifiche o proprietà del codice sono all’ordine del giorno.

Per proteggere gli investimenti, è fondamentale adottare un contratto su misura, che disciplini con precisione le fasi del progetto, le responsabilità e i diritti delle parti. Solo così si può costruire un rapporto di fiducia tra cliente e sviluppatore, nel pieno rispetto delle regole e della qualità tecnica.

In breve: AI e responsabilità civile 

  • Serve un contratto scritto, chiaro e personalizzato.
  • La proprietà del codice va definita espressamente.
  • Vanno regolati tempi, modifiche, bug, test e manutenzione.
  • Il contratto protegge entrambe le parti da rischi tecnici e legali.
  • L’uso di componenti open source o di AI deve essere disciplinato.
  • Le best practice (brief, milestone, change request) fanno la differenza.
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